Il Nuovo Lupo
TIBET: un mese sul tetto del mondo

4 maggio 2005 - 2 giugno 2005: due date che non riuscirò mai più a dimenticare. Sono le date del mio viaggio avventura in Tibet, viaggio splendido ed affascinante superiore ad ogni mia più entusiastica aspettativa. Decolliamo da Milano Malpensa con un volo Qatar Airways e dopo uno scalo a Doha negli Emirati Arabi Uniti, atterriamo a Katmandu, capitale del Nepal. Visitiamo velocemente questa città ricca di templi, di caratteristici sobborghi, dal traffico caotico ed allucinante e finalmente dopo due giorni la lasciamo per intraprendere la parte del viaggio che più ci sta a cuore: l`arrivo in Tibet a Lhasa, la città santa, la residenza del Dalai Lama, ora purtroppo esule in India dal lontano 1959 per sfuggire alla cattura da parte delle trappe cinesi dopo l`invasione che hanno perpetrato durante l`anno 1951. Con un volo della China South West sorvoliamo la catena dell`Himalaya, una visione magica, l`aereo costeggia quasi a rispettosa distanza per non disturbare i colossi dormienti, una buona parte degli ottomila esistenti al mondo, li sfiora, li accarezza e ce li mostra in tutto il suo splendore attraverso una cortina di nubi: una visione stupenda e mozzafiato. Atterriamo finalmente in Tibet una veloce corsa in pulmino, l`aeroporto dista infatti 100km da Lhasa finalmente arriviamo nella capitale. Ci immergiamo subito nella sua magica atmosfera fatta di misticismo, religiosità, amabilità, tutto contribuisce a rendere l`atmosfera semplicemente unica ed irripetibile. Visitiamo il palazzo del Potala con tutti i suoi piani e le sue infinite stanze, quì regna un`aria triste e malinconica, tutto vuoto ed inospitale. Dall`alto della collina su cui è stato costruito il Potala, ex residenza del Dalai Lama, ora mestamente vuoto, richiama in continuazione la storia tragica di questo popolo, così amabile, così dolce, sempre pronto al saluto ed al sorriso e così brutalmente oppresso. Nei giorni a venire visitiamo i più famosi monasteri dell`ordine Gelugpa: Sera, Drepung e Ganden, una volta ferventi di attività, dopo in continuo e progressivo declino, anche perchè presi di mira dalle Guardie Rosse durante la Rivoluzione Culturale del 1959 e parzialmente distrutti, ricchi di opere d`arte, di affreschi e di altri capolavori. Ultimamente però sembra che si stia procedendo ad una loro lenta ma costante sistemazione ed anche i monaci stanno tornando, dopo tutte le umiliazioni che hanno dovuto subire. Ma anche il tempo scorre veloce e cosi si avvicina la data della partenza da Lha­sa per intraprendere le parti più impegnative ed avventurose del nostro viaggio: il periplo del Sacro Monte Kailash (6714 metri) e del Sacro Lago Manasarovar (4550 metri) dalle acque di uno splendido colore turchese nel quale i pellegrini induisti si immergono e si purificano, perfino rompendo la crosta di ghiaccio che si trova in superficie... mentre i pellegrini buddisti tralasciano completamente questi riti. Da ultimo l`arrivo al campo base dell`Everest (5200 metri). Per arrivare al monte Kailash attraversiamo in fuoristrada quasi tutto il Tibet da est ad ovest percorrendo centinaia e centinaia di chilometri su strade sterrate, alla fine ne percorreremo piu di 3000 con visioni di paesaggi stupendi, laghi di un blu cobalto, cime innevate, ghiacciai i cui lembi arrivano sulla strada fin quasi a toccarla, grandi greggi di capre, pecore, yak che pascolano tranquilli degnando pigramente di uno sguardo il nostro passaggio. Finalmente arriviamo a Darchen, l`ultimo villaggio sulla via del Kai­lash. Lì lasciamo i fuoristrada e proseguiamo a piedi. II Kailash, montagna sacra per induisti, buddisti, gainisti ed adepti di religione bon, è la montagna mai salita da essere umano, ma che percorrendone il periplo si cancellano i peccati commessi durante la vita. Gli adepti di queste quattro religioni eseguono il Kora, così si chiama il periplo lungo 55km con continue prostazioni di tutto il corpo lungo il cammino per renderlo ancora più pesante e quindi ricco di meriti. Noi lo percorreremo in tre giorni in piena autosufficienza ed autonomia, mentre gruppi di pellegrini impiegano un mese ed anche più, superando delle verdi vallate che si incontrano lungo il percorso all`impervio passo di Drom-La, perennemente innevato il punto più alto del periplo, alla rispettabile quota di 5640 metri. Sulla cima del passo troviamo una miriade di bandiere di preghiera che garriscono alvento, pellegrini inginocchiati che ringraziano gli dei e che recitano ad alta voce mantra di lode e di ringraziamento. Vero spettacolo toccante, semplicemente unico e meraviglioso. Riscendiamo e riprendiamo la via del ritorno, cioè da dove eravamo arrivati; cominciamo a sentire la stanchezza ma un`altra meta agognata ci attende, 1`arrivo al campo ba­se dell`Everest (5200 metri) e la possibility di salire al suo campo intermedio (6340 metri). Arriviamo al monastero di Rongphu da cui si gode già di una superba vista della parete nord del­la montagna, è un piccolo monastero che gode del­la fama di essere il più alto del mondo (5000 me­tri). Piantiamo le tende al campo base e cominciamo a fare i piani per l`eventuale salita. Stabiliamo che ognuno giustamente si dovrà sentire libero di decidere secondo le proprie forze e capacità. Purtroppo proprio in quei giorni, giorni ai quali tenevo in modo particolare, mi sono preso una noiosa bronchite che mi ha procurato una tosse fastidiosa ed una notevole difficoltà di respirazione. La conseguenza purtroppo è stata che ho dovuto rivedere il mio programma e non ho potuto ar­rivare come mi ero prefissato al campo interme­dio, ma sono arrivato solo un po` prima. A malincuore mi sono fermato a quota 5800 metri ma ad ogni modo sono stato lo stesso appagato dalla vista di panorami superbi, di vette, di ghiac­ciai scintillanti, di sentieri mozzafiato, di carovane di yak, che cariche salivano a rifornire i campi superiori adibiti e preparati per le spedizioni che tentavano di arrivare alla vetta dell`Everest, la più alta della terra (8848 metri). Un ultimo giorno di riposo al campo base per riordinare un po` i nostri disastrati materiali e provviste e quindi mestamente intraprendiamo la via del ritomo. Un ultimo sguardo alla cima dell`Everest adornata quasi perennemente dal suo pennacchio di nubi bianche e giù a capofitto verso il confine con il Nepal. Questa volta arriviamo via terra attraver­so l`unico valico stradale esistente in tutto l`Himalaya. Una discesa ripidissima attraverso ghiac­ciai fino a toccare il verde delle vallate Nepalesi. I freni delle nostre Toyota iniziano a stridere e lamentarsi ma fortunatamente si dimostrerarmo an­cora una volta molto efficienti. L`ultimo valico tibetano che faremo sara il Mayun-La (5150 metri) ed in qualche decina di chilometri il valico nepalese di Kodari (1300 metri)!!! Severissimi ed asfissianti controlli alla dogana cinese, ma finalmente siamo liberi ed in altre 5 ore di cammino, costeggiando freschi torrenti e verdi vallate rientriamo a Katmandu. In albergo una doccia (credo di aver svuotato d`acqua me­ta Nepal...), riordinate idee e materiali ed un pulmino ci porta all`aeroporto, dove mestamente iniziamo il tranquillo e lungo viaggio di ritorno. Cosa mi porto dentro da questo altro viaggio avventura? Tutto quello che mi ero proposto in partenza, e non è poco, ovvero l`amabilità e l`affabilita della gente tibetana, il misticismo che sa emanare e che ti penetra dentro come una seconda pelle e che credo non ti lasci più... Un`ultima cosa alla quale tengo in modo particolare è che in futuro qualche altro lupatotino, nell`affrontare il mio prossimo viaggio avventura chissà quando, come e dove (forse nell`India del sud...) senta magari lo stimolo, l`entusiasmo e la curiosità di affiancarsi e di condividere tutte queste emozioni.

Gianni Pompole

Rivista Il Nuovo Lupo : 2005/9

D.G. - Global Service S.r.l. - P.I. 03256860234 Copyright © 2003-2008  Credits