Il Nuovo Lupo
Ca del Bue si ferma

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E’ in perdita di qualcosa come un miliardo di vecchie lire al mese. Cà del Bue, quella che è stata definita a suo tempo la madre di tutte le tangenti, dopo vent’anni si ferma. Almeno per tre mesi. Ma è già significativo che il direttore dell’AGSM, Giulio Coggiola Pittoni, abbia annunciato ai sindacati che la situazione è più grave del previsto. Più grave, forse, di quanto avevano prevosto vent’anni fa sia l’Amministrazione comunale lupatotina sia il Comitato sorto a San Michele. L’inceneritore necessita di manutenzione straordinaria, in quanto la produzione di energia non arriva al 30% di quella preventivata, troppo poco per far quadrare i conti. Oltretutto sembra che delle 450/500 tonnellate  di rifiuti al giorni in entrata, ne escano il 40% da portare in discarica, vanificando così la filosofia che ha sempre giustificato la nascita di Cà del Bue, ovvero evitare di utilizzare le cave.

Sono i conti, come divedano, a non tornare. Se, infatti, conferire i rifiuti nell’impianti costa 113 euro a tonnellata, in discarica il costo si abbassa a 75. I guai, a quanto riferiscono gli stessi dirigenti dell’azienda di Lungadige Galtarossa, nascono dal cattivo funzionamento dei forni a letto fluido che in teoria avrebbero dovuto contribuire a bruciare i rifiuti senza però inquinare. Molti consulenti, presidenti, direttori ed esperti anche stranieri hanno cercare di farli funzionare al meglio, ma il solo risultato è che l’AGSM ha ottenuto da Finmeccanica, l’ex Ansaldo, 23 milioni di euro quale risarcimento per il cattivo funzionamento di questi forni. Ora si cercherà di correre ai ripari cercando un partner, pare sia già stata interpellata un’azienda di Bolzano ed una di La Spezia, in grado di non solo di far ripartire Cà del Bue ma anche di contribuire economicamente alla sua gestione. Un project financing, insomma, nella speranza appunto che qualche privato si faccia avanti. Le proposte saranno esaminate dalla Regione entro il 28 febbraio.

Ma la situazione potrebbe essere ancora più grave del previsto. Lo farebbe capire le dimissioni del direttore dell’impianto, Stefano Nicolò, e le stesse dichiarazione dell’assessore di Verona Giancarlo Montagnoli, il quale non esclude che si debba ricorrere ad una tecnologia diversa, abbandonando la scelta dei forni.

Inutile dire che a San Giovanni la notizia è stata accolta in parte con soddisfazione,  ma in parte anche con rabbia. Se avessero dato ascolto al nostro Comune, che fin da subito si era opposto ricorrendo sia al Tar sia al Consiglio di Stato. Ma tant’è. Adesso San Giovanni...respira, ma non stiamo parlando della rassegna culturale estiva.

Rivista Il Nuovo Lupo : 2006/2

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